Le Materassaie
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Gli sposi portavano anche un gran lavoro alle
materassaie: c'era da fare il materasso di lana, il coltrone di lana e il
piumino di lana. Tutta la lana era quella dell'ultima tosatura delle pecore,
era stata tenuta in bagno per qualche ora in una vasca, quindi risciacquata
abbondantemente al fosso in quell'acqua limpida che scorreva veloce, infine
messa a scolare su canne sospese fra i rami più bassi degli alberi poi, per più
giorni, fatta solinare (distesa su vecchi panni posti in terra dove il sole
picchiava più forte). Solo ora la padrona della lana, aiutata anche dalle donne
del vicinato, tutte sedute su basse seggioline con un grembiule davanti,
cominciava ad allargare: si prendeva velo per velo, ancora tiepido di sole, e
delicatamente si allargava. Il mucchio veniva così trasformato in una nuvola
bianca e leggera.
Questa lavorazione doveva essere fatta necessariamente in estate: per il
coltrone e il piumino, i veli interi, per il materasso le parti più piccole e
meno soffici.
Dalla lavorazione del coltrone e del piumino si evidenziava la bravura e il
gusto della coltronaia, perché non erano semplici quadrati, ma trapunte da
formare un disegno a rosoni evidenziato dall'impunture dei bordi. Qui la
materassaia mostrava tutta la sua abilità e il suo gusto. Il piumino,
considerato essenziale per ogni letto, era particolarmente curato: non solo
ripeteva nel piccolo il disegno del coltrone, ma era anche rifinito intorno con
un cordone di seta che ad ogni angolo formava un fiocco cucito saldamente.
Non tutti potevano permettersi i materassi di lana e qualcuno usava il saccone
( un grosso sacco riempito di foglie di granturco) che si metteva sotto il
materasso di crine o di lana o addirittura usato da solo. Costava poco ed era
abbastanza morbido, ma scricchiolava ad ogni movimento e procurava un po' di
lavoro, perché tutte le mattine si doveva infilare le braccia nelle due
aperture laterali e rimuovere le foglie ammucchiate e schiacciate dal peso del
corpo.
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